I Signori degli Anelli
Quando il cosmo sfida l'assurdo fisico e dà vita alle strutture più curiose dei sistemi planetari.
di Beatrice Bersani
PREMESSA: tutte le immagini in questo articolo sono elaborazioni grafiche a eccezione di quelle di Saturno (scattate da Cassini rispettivamente durante un'eclisse saturniana e dal polo).
Nel nostro Sistema Solare, i pianeti considerati tali sono otto (Plutone è stato declassato a pianeta nano) e sono divisi in due grandi famiglie: quelli rocciosi (detti anche terrestri o interni) sono i quattro che si trovano fra il Sole e la fascia principale degli asteroidi. Sono piccoli, composti prevalentemente da rocce e materiali solido-fluidi e hanno pochissimi satelliti, alcuni nessuno. Gli altri quattro, che si trovano fra la fascia principale degli asteroidi e la fascia di Kuiper (da cui provengono le comete a corto periodo, quindi quelle che si vedono più spesso), sono enormi palle di gas, principalmente di idrogeno ed elio ma ci sono anche tracce di metano e ammoniaca o simili, con un numero spropositato di satelliti, più o meno grandi. Sono i giganti gassosi, o pianeti gioviani (dal nome di quello più grosso di tutti, ovviamente).
A differenza dei pianeti rocciosi, i giganti gassosi possiedono tutti e quattro un sistema di anelli, chi più e chi meno complicati ed evidenti. Più precisamente, Saturno è l’unico ad averli davvero molto appariscenti, mentre quelli degli altri pianeti, che sono non solo meno densi e più sottili ma soprattutto più scuri a causa della loro composizione, li hanno quasi invisibili e per osservarli non basta un telescopio.
Gli anelli sono una stranezza della fisica, perché secondo le leggi di Keplero (le “sacre” leggi, fondamentali per i moti dei corpi celesti!) le polveri che li compongono dovrebbero addensarsi insieme a formare dei satelliti oppure disperdersi nello spazio, non stare lì dove sono. Andando a vedere più in profondità, si è scoperto che il compito di tenere stabili queste magnifiche strutture è la molteplicità di lune dei grandi pianeti, che fra piccole e grandi generano campi gravitazionali molto particolari, che si sommano a quello prepotente del pianeta e a quello del Sole, attenuato dalla distanza. In particolare, il ruolo chiave è quello delle lune pastore: satelliti molto piccoli, poco più di asteroidi, che si muovono in mezzo agli anelli o comunque molto vicini ad essi, esattamente dove dovrebbero stare per mantenere in equilibrio il sistema. La vicinanza del Sole e l’assenza di un ingente numero di lune piccole sono i motivi principali per cui la Terra e i pianeti vicini non possono avere a loro volta un sistema di anelli, neanche piccolo.
Nettuno
https://apod.nasa.gov/apod/image/1405/Neptune-South-Pole-Voyager-2_2327x1670.jpg
Nettuno è stato l’ultimo pianeta di cui sia stato scoperto il sistema di anelli. Questi erano stati ipotizzati quando, durante l’occultamento di una stella da parte del pianeta (l’occultamento è il momento in cui un corpo celeste viene coperto momentaneamente, totalmente o parzialmente, da un altro più vicino) gli astronomi avevano notato altri cinque brevissimi e debolissimi occultamenti prima e dopo quello del pianeta stesso. Nel 1989, Voyager 2 nel suo flyby (ovvero il più ravvicinato sorvolo del pianeta compiuto dalla sonda) riuscì a fotografarli e inviò dunque a Terra la conferma della presenza della struttura.
Gli anelli di Nettuno, come già detto, sono cinque e hanno i nomi degli scienziati che per primi scoprirono il pianeta e le sue caratteristiche. In ordine di vicinanza al pianeta sono: Galle, Leverrier, Lassell, Arago e Adams. Sono principalmente composti da polveri di materiali carboniosi, che sono molto scuri e riflettono poco la luce del Sole, perciò non molto facili da vedere, mentre il resto sono piccole rocce. Sono inoltre molto sottili e la loro densità media è molto bassa. Sono relativamente giovani e non dovrebbero durare a lungo (sempre in scala cosmologica); si suppone si siano originati a causa di una antica luna che ha superato il limite di Roche nettuniano e ne ha subito i distruttivi effetti gravitazionali. Il limite di Roche è quel limite oltre il quale la differenza con cui un pianeta attrae gravitazionalmente due punti diversi di un altro corpo più piccolo è più forte di quella che tiene il corpo stesso integro, fino a distruggerlo. Questo ovviamente avviene se quest’ultimo è abbastanza grande da risentire di tale differenza.
Una struttura peculiare presente nell’anello di Adams è un curioso addensamento di materiale in alcune zone più che in altre, che dunque risultano più evidenti. Questi addensamenti, che si teorizza siano dovuti all’interazione delle polveri con il campo gravitazionale di Galatea (una delle lune pastore), sono detti archi e sono quattro: Liberté, Egalité, Fraternité sono i tre più grossi ed evidenti, mentre il quarto è Courage.
Giove
https://www.classe.cornell.edu/~seb/celestia/jupiter-rings.jpg
Anche il Gigante Rosso ha un sistema di anelli, sottilissimi, scoperti grazie a Voyager 1 nel 1979, terzi dopo quelli di Urano e, ovviamente, di Saturno.
Non se ne conosce il numero preciso. Sono principalmente composti da polveri rocciose scure ai telescopi, quindi molto difficili da vedere se non grazie alla luce che filtra da dietro. Dai dati rilevati con la sonda Galileo, la loro origine è data ormai per assodata come la conseguenza di impatti di meteoriti o piccoli asteroidi con le lune interne del sistema gioviano. Le polveri così generate si sarebbero messe in orbita intorno al pianeta, formando i sottili anelli.
Urano
https://i.ytimg.com/vi/_QE-3ZYTO0E/maxresdefault.jpg
Gli anelli di Urano, osservati nel 1997 da Terra, sono stati i secondi a essere scoperti dopo quelli di Saturno. Voyager 2, passando accanto al pianeta nel 1986, ne scoprì i due più esterni e le lune pastore che tenevano in equilibrio tutto il sistema.
In totale, gli anelli sono undici, divisi in due gruppi. Quelli interni, a partire dal pianeta, sono nove: Zeta, 6, 5, 4, Alpha, Beta, Eta, Gamma, Delta, Lambda, Epsilon (sì, in questo ordine). Sono grigio scuro a causa della loro composizione, simile a quella degli anelli di Giove perciò di rocce molto difficoltose da vedere anche ai telescopi. L’anello Epsilon è il più largo degli undici che compongono il sistema uraniano ed è circondato da un sottile orlo di polvere che lo isola dagli altri.
I due anelli esterni invece sono Nu e Mu: il primo emette nel rosso, perciò si suppone che la sua composizione sia di polveri sottili e scure, come quelle degli altri anelli ma di materiali più fini; il secondo invece risulta essere di un colore bluastro, molto più simile a quello degli anelli nella fascia E di Saturno, quindi probabilmente composto da materiali ghiacciati.
Gli anelli di Urano, pur essendo molto fini, sono relativamente semplici da vedere anche da telescopio (uno di quelli grossi da osservatorio) perché sono disposti attorno all’equatore del pianeta. Essendo l’asse di rotazione uraniano inclinato di più di 90° rispetto alla perpendicolare dell’eclittica (e perciò giacente sull’eclittica stessa, al contrario degli altri) gli anelli, come i poli del pianeta, sono costantemente visti “dall’alto”.
Saturno
https://saturn.jpl.nasa.gov/system/resources/detail_files/3314_IMG002314.jpg
Il vero Signore degli Anelli, nel nostro Sistema Solare, è lui: Saturno.
I suoi anelli sono stati i primi a essere scoperti, chi se ne accorse fu Galileo Galilei in persona puntando per la prima volta il telescopio verso il pianeta, nel 1610. Le sue lenti non gli consentirono però di risolverli completamente (“risolvere qualcosa” con un binocolo/telescopio significa “vedere qualcosa definitamente”) e ai suoi occhi Saturno appariva avere due lobi laterali. Pensando che si trattasse di satelliti talmente vicini da confondersi con il pianeta centrale, scrisse che “Saturno non è un astro singolo, ma è composto di tre corpi, che quasi si toccano, e non cambiano né si muovono l'uno rispetto all'altro, e sono disposti in fila lungo lo zodiaco, e quello centrale è tre volte più grande degli altri due...” (Sidereus Nuncius). Proseguendo le osservazioni però vide che i due corpi laterali andavano sempre più assottigliandosi fino a sparire e questo lo demoralizzò a tal punto che abbandonò lo studio del pianeta. Aveva invece “osservato” per la prima volta gli anelli messi di taglio, tanto sottili da essere invisibili (avvenimento che si ripete ogni 15 anni).
Nel 1655 Christiaan Huygens, accogliendo lo spunto che l’italiano gli aveva mandato (con un messaggio in codice perché non fosse compreso dalla Santa Inquisizione) con un telescopio più potente poté per la prima volta osservare che “Saturno è circondato da un anello sottile, in nessun punto aderente, inclinato rispetto all'eclittica” (Systema Saturni) e invitò gli altri astronomi a osservarlo a loro volta (anche lui con un messaggio in codice).
Gian Domenico Cassini, fra il 1671 e il 1784, osservò a sua volta il pianeta e ne scoprì quattro lune, ma soprattutto fu il primo a vedere la divisione più importante del sistema degli anelli, quella fra gli anelli A e B, che ancora oggi è detta “divisione di Cassini”.
https://www.nasa.gov/sites/default/files/styles/full_width_feature/public/pia08362.jpg
Il sistema di anelli di Saturno è il più maestoso del Sistema Solare, largo quasi 300.000 km ma estremamente sottile, in media 100 m (si facciano le proporzioni del caso…). Non si può definire esattamente il numero di anelli singoli, perché, grazie ai numerosissimi flyby della sonda Cassini degli ultimi anni, arrivano a essere migliaia. Sono però fusi insieme in quelle che sono dette “fasce di anelli”, i sette grandi raggruppamenti del sistema saturniano, un unicum all’interno del Sistema Solare. Queste sono separate fra di loro da vaste zone oscure, dette divisioni, dove la densità di materiale è nettamente inferiore a quella degli anelli, probabilmente anche a causa delle numerosissime lune pastore che vi orbitano. Esistono anche delle divisioni all’interno di una stessa fascia, ma sono più piccole e densamente ricche di quelle fra fasce differenti.
Quando perciò nel caso di Saturno si parla di un anello, si sta in realtà riferendosi a una fascia. I sette anelli sono chiamati con le lettere dell’alfabeto, in ordine non di distanza dal pianeta ma di scoperta (e quindi anche di visibilità). L’anello A è il più ampio di tutti e il più brillante, seguito immediatamente dall’anello B, che è in media il più spesso. Questi furono quelli osservati da Cassini e insieme all’anello C sono i tre grandi anelli principali, anche se quest’ultimo è composto di polveri ghiacciate talmente sottili che si riesce a intravvedere il pianeta attraverso di esso. L’anello D è visibile a malapena anche con i telescopi terrestri moderni, quelli E e F sono stati osservati per la prima volta solo grazie alle sonde Voyager mentre per la scoperta del finissimo anello G si è dovuto attendere l’arrivo della sonda Cassini e i suoi ripetuti flyby saturniani. In ordine di distanza dal pianeta sono: D, C, B, poi la divisione di Cassini (che è tanto grande da essere inclusa nell’elenco NASA), A, F, G, E. C’è inoltre un anello sottilissimo e quasi invisibile ancora più esterno, detto Anello di Phoebe perché giace sulla stessa orbita dell’omonima luna (e probabilmente o è stato causato da lei o finirà per andare ad accrescerla).
Gli anelli di Saturno sono così visibili (almeno i primi tre), oltre che per le loro dimensioni ingenti, a causa della loro composizione. Sono infatti costituiti da frammenti che variano in dimensioni a partire da polveri di pochi nanometri per arrivare a grosse rocce di 3 km, ma la cosa più importante è che sono ghiacciati e con un grandissimo effetto albedo, perciò riflettono la luce del Sole, che giunge alla Terra e li rende ben osservabili.
Da più vicino, invece, rivelano altre particolarità ottiche molto interessanti. Per esempio, ogni anello (o parte di anello) ha un suo colore, a causa della differente composizione del ghiaccio di cui è fatto. L’anello E, per esempio, contiene lo stesso tipo di rocce ghiacciate dell’anello Mu di Urano, ragion per cui assumono entrambi un colore più bluastro, mentre per esempio l’anello B ha un vago color corallo. Inoltre, a causa delle forze esercitate dalle lune (vd. sopra) l’anello A presenta delle onde, che si ripetono a distanze quasi regolari e che quindi visivamente causano ombre sul resto del sistema, mentre per lo stesso motivo l’anello F appare ondulato e deformato. Ombre di altra natura sono quelle che si vedono, per esempio, sull’anello B: come detto, questo anello è il più spesso in media, ma al suo interno le rocce hanno dimensioni molto variabili. Le rocce più grandi, di circa 3 km, proiettano perciò ombre su quelle più fini e omogenee dietro di loro, creando l’illusione di un paesaggio montano.
L’ipotesi più accreditata sulla formazione degli anelli di Saturno è quella del passaggio troppo ravvicinato di comete e dell’attrazione troppo forte su alcuni satelliti, corpi ghiacciati che avrebbero superato il limite di Roche del pianeta (vd. sopra) e si sarebbero dunque disgregati, ciascuno nell’orbita che corrispondeva alle proprie caratteristiche. Questo spiegherebbe sia perché gli anelli sono così ben divisi nelle sette fasce, sia perché ciascuna fascia ha una sua composizione caratteristica, sia perché ognuna ruota a una differente velocità intorno al pianeta. Un’altra affascinante ipotesi invece vorrebbe che i materiali che compongono gli anelli si siano divisi per densità secondo il processo di differenziazione (quello in base a cui durante la formazione di un pianeta gli elementi più pesanti scendono verso il nucleo) e siano ciò che rimane del disco protoplanetario intorno all’orbita di Saturno, materiale troppo vicino al pianeta per potersi addensare in satelliti ma troppo lontano per far parte dell’accrescimento del pianeta stesso.
J1407b
https://exoplanets.nasa.gov/system/news_items/main_images/184_fea-J1407_RonMiller_2015.jpg
Saturno è il campione di anelli del Sistema Solare, ma nell’universo conosciuto deve cedere il posto a qualcun altro. Il Signore degli Anelli universale è J1407b, un gigante gassoso molto più massiccio di Giove che orbita intorno alla stella J1407. Gli astronomi hanno infatti scoperto intorno a esso ben 30 fasce di anelli, per una dimensione complessiva circa 200 volte quella del sistema saturniano. Tutt’un altro livello. Si stima che se fosse Saturno ad avere anelli di quelle dimensioni, essi sarebbero ben visibili anche dalla Terra, con dimensioni e luminosità simili a quella della luna piena, quindi talvolta visibili anche in pieno giorno.
Imagine credits: NASA e artisti associati